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L’entrata in vigore del nuovo Regolamento Europeo sulla privacy non intacca il business della pubblicità online - che solo nel 2016 ha toccato i 2,2 miliardi di euro di fatturato - e continueremo sicuramente tutti ad essere inondati di banner, pop-up e sfondi animati. Quello che cambierà, però, è la cosiddetta pubblicità programmatica o retargeting, ossia gli annunci online che vengono definiti in base al nostro comportamento sul web e al conseguente inserimento in un segmento di utenti.Come funziona il retargeting?
Quante volte vi siete sentiti spiati navigando su internet o vi è sembrato che le pubblicità online vi avessero letto nella mente? Quante volte avete cercato un prodotto e dopo mezz'ora i vostri social vi proponevano proprio l’acquisto di quell'oggetto? I servizi di profilazione avanzata permettono agli inserzionisti di imparare dai comportamenti quotidiano degli utenti (i siti che visitano o gli acquisti che fanno online, ad esempio) e ritagliare annunci ad hoc per la singola persona, definendo in modo più preciso le preferenze e permettendo di comunicare in modo più preciso e efficace. Un potere, questo, che oggi è detenuto principalmente da Google, Facebook e dai maggiori social network, che al momento raccolgono il 70% della pubblicità online.
Cosa cambia col GDPR
Il General Data Protection Regulation segna una svolta in questo ambito perché ogni utente deve essere obbligatoriamente informato su quali dati vengono raccolti sul perché e solo un'espressa autorizzazione consentirà ai servizi web di raccogliere, memorizzare, gestire e cedere a terzi i nostri dati personali rispetto a quello che facciamo online. Non solo, ma ogni utente avrà tra i suoi diritti anche la possibilità di negare l’autorizzazione alla raccolta dei suoi dati, azione che poi non dovrà portare alla mancata erogazione del servizio da parte dei siti. Questo significa che, per esempio, anche se Google non potrà trattare le vostre informazioni dovrà comunque essere utilizzabile.
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